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Approfondimenti e Idee

19/12/2023

Sul Ruolo Educativo della Gara


In questo approfondimento vogliamo spiegare il punto di vista della nostra Scuola sul ruolo

educativo della “gara”, intesa non solamente come evento sportivo-agonistico ma come

importante momento formativo di crescita personale degli allievi, che li aiuterà ad

affrontare sfide future.

Partiamo considerando il carico emotivo e la pressione che gli allievi devono

imparare a gestire durante un incontro agonistico. L’allievo deve salire sul tatami da solo, al centro di un palazzetto rumoroso, magari dopo un lungo viaggio e un’attesa durata tante ore. Deve raccogliere tutte le conoscenze acquisite durante gli allenamenti e metterle in pratica per vincere l’incontro. Imparare a mantenere il controllo di sé stessi, delle proprie emozioni e del proprio corpo in questa situazione è estremamente difficile. Per questi motivi la gara diventa un momento formativo unico che insegna ai nostri allievi come comportarsi in momenti di forte stress, mantenendo la calma, avendo fiducia nelle proprie capacità e sfruttando tutte le proprie risorse per portare a compimento un obiettivo difficile. Se riescono a controllare questo momento, o anche solamente a sopportarlo, riusciranno a fare lo stesso in situazioni differenti come un’interrogazione, un esame, un colloquio di lavoro o una sfida inattesa. 

E il risultato? Normalmente l’allievo punta alla vittoria e pensa che una sconfitta non

porti a nulla. Invece anche la sconfitta nasconde importanti opportunità di crescita. Una disfatta non si celebra, ma non deve neanche suscitare un senso di fallimento ed

inadeguatezza. L’allievo deve imparare ad analizzare il momento, capendo cosa non abbia funzionato, per cercare di migliorare nelle gare successive. Questo atteggiamento lo aiuterà a superare positivamente la delusione e la frustrazione sfruttando la sconfitta per migliorare sé stesso e le proprie capacità.

Anche la preparazione alla gara fornisce numerose opportunità educative. Gli allievi

devono imparare a gestire il proprio tempo per coniugare gli allenamenti e la preparazione fisica ed emotiva alla gara con le responsabilità scolastiche. La capacità di organizzare il proprio tempo e saper dare priorità alle varie attività da svolgere sarà fondamentale per la loro

vita futura. Il ruolo della famiglia e degli insegnanti diventa quindi molto complicato. Da un lato bisogna cercare di lasciare ai figli sufficiente libertà per farli crescere nell’autonomia decisionale, ed allo stesso tempo controllare ed essere presenti nel momento in cui sorgano

delle difficoltà. Sicuramente aumentare le aspettative agonistiche ed esaltare solamente la vittoria non può che portare a risultati negativi aumentando inutilmente il livello di stress.

Questi sono solo alcuni esempi che sottolineano il motivo per cui la nostra Scuola

sprona tutti gli allievi ad intraprendere l’attività agonistica come parte integrante del loro percorso judoistico. Siamo convinti che essa rappresenti un passaggio fondamentale nella crescita personale, indipendentemente dal risultato sportivo che verrà raggiunto.

Per questo la Scuola ha sviluppato e affinato negli anni una serie di attività e

metodologie per accompagnare gradualmente gli allievi verso l’esperienza agonistica, evitando l’enfatizzazione eccessiva del risultato e sottolineando gli elementi positivi della competizione. Fin da piccoli gli allievi vengono coinvolti, durante le lezioni settimanali, in giochi e sfide tra compagni che introducono alcuni elementi caratteristici della “gara” di judo, come il

saluto, la sfida uno contro uno davanti ad un “pubblico”, la presenza di un arbitro/giudice,

l’assegnazione della vittoria (e della sconfitta). Attraverso il circuito di attività Judo For Kids League, i bambini possono fare esperienza di confronto con nuovi avversari in un ambiente, il palazzetto, diverso dal luogo abitudinario di lezione. Avvicinandosi poi l’inizio dell’attività agonistica federale, vengono proposti allenamenti specifici che simulano il contesto della gara, come per esempio gli “allenamenti a squadre” che vengono proposti durante l’anno. Infine, a

partire dalla categoria dei cadetti, gli allievi possono scegliere, in accordo con i loro genitori, di impegnarsi più seriamente in un percorso agonistico specializzato che, senza certezza di risultato, li porterà a compiere un’esperienza formativa unica nel suo genere che avrà positive ripercussioni sulla loro vita futura.

Edizioni precedenti

4/09/2023

Judo come metodo educativo e i tre livelli del metodo Judo


Cosa si intende con la frase “il judo non è solo uno sport ma anche un metodo educativo” e soprattutto, come si applica il metodo Judo alla vita di tutti giorni? 

L’idea del maestro Kano (fondatore del metodo Judo) è sempre stata di sviluppare non solo un'arte marziale o uno sport, ma di creare un metodo educativo e di educazione fisica che portasse gli allievi ad essere parte integrante della società in modo tale che la stessa potesse progredire. Questo concetto è racchiuso in uno dei motti principali del judo: Jita-Kyoei.


Jita-kyoei si può tradurre letteralmente come “mutuo benessere e prosperità", e riguardo al suo significato il M. Kano scrive "Finché esistiamo, ogni membro della società e dei gruppi organizzati al suo interno devono funzionare in armonia e cooperazione. Nulla é piú importante che vivere tutti in prosperità. Se ognuno agisce nello spirito della mutua cooperazione, le attività di ogni persona non beneficeranno solo lo stesso ma anche gli altri, e raggiungendo questo obiettivo insieme si tradurrà in un mutuo benessere. Le attività non dovrebbero essere svolte semplicemente per interesse personale. Una volta compreso questo concetto, è naturale che una persona trovi soddisfazione nell'armonia e nella cooperazione quando si rende conto che i suoi sforzi aumentano il benessere di tutti. Questo concetto di armonia e cooperazione é, in altre parole, il concetto di Jita-Kyoei, o mutua prosperitá per sé e per gli altri[1].


Il judo dovrebbe quindi, partendo dallo studio della tecnica, portare gli allievi ad avere una profonda conoscenza del principio Seiryoku-Zenyo [2] (massima efficacia) tale da applicarlo alla vita di tutti i giorni e raggiungere in questo modo il fine del Jita-Kyoei. Nel suo articolo “Discorso sui tre livelli del Judo”, [3] il M. Kano divide lo studio del Judo in tre momenti: inferiore, medio e superiore. Il primo rappresenta lo studio della tecnica e lo sviluppo fisico che può essere equiparato allo studio del judo dei giovani allievi che porta al Judo Agonistico. Il Judo medio invece rappresenta l’allenamento della mente e dello spirito utilizzando quello che si è imparato nel judo inferiore. Lo studio del judo medio si raggiunge quando l'allievo inizia a sviluppare il proprio judo e non più semplicemente seguire quello che il suo maestro gli ha insegnato. Per esempio, inizia a modificare una tecnica per renderla piú efficace per sé, magari aggiungendo elementi che ha visto in un altro praticante o in una situazione di gara. In questo modo l’allievo inizia ad applicare i concetti del judo tecnico al suo modo di pensare e agire. Infine, il judo superiore si riferisce all’applicazione del metodo judo alla vita di tutti i giorni e a raggiungere l'obiettivo del Jita-Kyoei. Nonostante il livello medio o superiore non vengano raggiunti da tutti i praticanti, questi avranno sempre impressi nella memoria gli insegnamenti del Judo inferiore.

Come mettere in pratica questi principi filosofici al di fuori del tatami? Vediamo un esempio più concreto.

Nel Judo per difendersi da un attacco esistono tre principi che sono chiamati Go, Chowa e Yawara. Go significa bloccare, in questa difesa Uke (colui che si difende) blocca completamente l’azione di Tori (colui che attacca). Invece, nella difesa chowa Uke schiva l’azione di Tori lasciandolo andare a vuoto. Infine, Yawara significa assecondare e in questo principio di difesa Uke si lascia trasportare dell'azione di Tori mantenendo il controllo sul proprio equilibrio. Questi tre principi si possono applicare anche nelle situazioni che si incontrano nella vita di tutti i giorni. Si possono affrontare delle situazioni “di petto” creando un conflitto. Questo equivale alla difesa Go che viene utilizzata di solito quando Uke e Tori hanno le stesse qualità fisiche e Uke è forte a sufficienza da contenere l’irruenza di Tori. Nei conflitti di tutti i giorni si applica lo stesso principio: è una buona idea prendere di petto la situazione solo se si è sicuri di riuscire a contenerla. Il principio Chowa invece prevede di schivare l’attacco di Tori e allo stesso modo nelle situazioni sociali si può decidere di evitare un conflitto e lasciarlo svanire. Questo non vuol dire evitare la situazione di conflitto, ma lasciarla passare per guadagnare una posizione di vantaggio. Lo stesso avviene quando si applica la difesa chowa nel Judo, quando l’attacco di Tori non é portato con la massima efficacia Uke può decidere di schivarlo per poi trovarsi un una situazione migliore per portare il suo attacco. Infine, il principio Yawara prevede di lasciarsi trasportare dall’attacco mantenendo il controllo in ogni momento per guadagnare una posizione di vantaggio. Lo stesso può avvenire in un contesto sociale dove si può decidere di assecondare la situazione restando sempre in una posizione tale da poterne cambiare il risultato o allontanarsi dal conflitto.

Questo é solo uno degli esempi in cui principi tecnici del judo si possono tradurre in azioni o principi applicabili al contesto sociale.


Referenze:


[1] Kano Jigoro, "Why it is necessary to advocate the principles of Seiryoku-Zenyo and Jita-Kyoei", Sakko Vol. 4, No. 12, 1925. Tradotto dall’autore dall’inglese da What is "Jita-Kyoei"? | Kodokan Judo Institute

[2] What is "Seiryoku-Zenyo"? | Kodokan Judo Institute

[3] Kano, Jigoro “Discorso sui tre livelli del Judo”, Judo, Luglio 1918. Tradotto in italiano in “Fondamenti del Judo”, Luni editrice, 2014

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